Le cellule di Benjamin Button

Scienziatimatti di tutto il mondo usano cellule che crescono “in bottiglia” per studiare il funzionamento del nostro corpo. Anche nelle bottiglie le cellule crescono, si moltiplicano e, proprio come succede alle cellule del nostro corpo, invecchiano. Gli Scienziatimatti sanno che dopo un certo numero di “passaggi” (cioè divisioni cellulari) le cellule diventano vecchie e vanno quindi ricambiate con cellule giovani per poter continuare gli esperimenti.

Qualcuno pensa che non invecchiare mai sarebbe bello? Ebbene, attenzione a ciò che chiediamo perché potremmo essere accontentati. Esiste un tipo di cellule che non invecchia mai: le cellule dei tumori.

Molti ricercatori pensano infatti che l’ invecchiamento sia una protezione evolutiva: ogni volta che una cellula copia il suo DNA per potersi dividere in due cellule figlie, ci scappa qualche errore di copiatura. Più passa il tempo e più errori si accumulano aumentando il rischio che si sviluppi una malattia. Perciò le cellule sane, dopo essersi riprodotte varie volte, decidono di andare in “stand-by”, procedimento chiamato senescenza

Se la senescenza ci protegge dai tumori, questo processo merita di essere studiato! 

Il problema è che se guardando una persona sappiamo subito darle un’età approssimativa, non è così facile attribuire un’età alle cellule. Come fare quindi a studiare le cellule “vecchie” se non le riconosciamo nemmeno?

Gli Scienziatimatti di oggi si sono accorti che, dopo anni passati ad osservare cellule invecchiate al microscopio, avevano sviluppato un istinto per riconoscere le cellule senescenti a colpo d’ occhio: il loro nucleo era in qualche modo diverso da quello delle cellule più giovani. 

Si sono dunque riproposti di insegnare ad un computer a dare l’età alle cellule osservate al microscopio.

Gli stessi Scienziatimatti non avevano ben chiaro quale fosse la differenza nei nuclei che i loro occhi avevano imparato a riconoscere in automatico, quindi non potevano semplicemente dire ai computer di cercare nuclei più grandi, più luminosi, o magari più oblunghi. Dovevano in qualche modo tramandare al computer l’istinto che loro stessi avevano sviluppato.

Sono perciò ricorsi al deep learning: hanno cominciato ad indicare le cellule vecchie sulle immagini mentre i computer guardavano ed imparavano. 

(A) Le sagome tonde blu sono nuclei di cellule. I ricercatori hanno attivato il programma di senescenza con radiazioni ionizzanti (IR) o facendo moltiplicare le cellule troppe volte (replicative stress – RS). Effettivamente, dopo questi trattamenti le cellule mostravano segni di senescenza, come per esempio la comparsa dei puntini rossi e verdi (corrispondenti alle proteine γH2AX e 53BP1). Purtroppo non esiste un marcatore unico per individuare la senescenza, quindi gli Scienziati sono costretti ogni volta ad usare tanti marcatori diversi perdendo tempo e materiale. (B) Rappresentazione visuale del «ragionamento» fatto dal computer per individuare le cellule senescenti usando solo una foto dei nuclei di tali cellule. Immagine riadattata da Heckenbach et al. 2022.

Dopo un certo periodo di addestramento, i ricercatori hanno provato a far lavorare i computer da soli e… i computer ammaestrati riuscivano a riconoscere cellule giovani o vecchie con una precisione del 95%!!

I ricercatori hanno provato ad analizzare le cellule della pelle di persone affette da progesteria, la malattia di Benjamin Button che causa invecchiamento precoce. La differenza rispetto alle persone sane era evidente, segno che i computer erano ormai diventati affidabili. 

Analizzare delle immagini al computer invece di dover spendere mesi al microscopio rende possibile analizzare velocemente molti più dati.

Gli Scienziatimatti hanno potuto così sperimentare qualcosa di molto ambizioso: hanno analizzato le cellule della pelle di tantissime persone anziane ed hanno confrontato i risultati con lo stato di salute delle persone scoprendo proprio che tra le persone con più cellule senescenti c’erano molti meno casi di tumori. 

Certo, si tratta sempre di una correlazione e non di una prova schiacciante del ruolo protettivo della senescenza nei confronti dei tumori, ma ringraziamo gli Scienziatimatti di oggi per questa scoperta che farà progredire più rapidamente la ricerca suIl’invecchiamento!

Se due cose succedono sempre insieme (il gatto seduto dentro un avvallamento) non è necessariamente vero che una delle due cose è la causa dell’altra (il gatto ha causato il danno col suo peso!). Correlazione e Causalità sono due cose diverse.


Qui il link alla ricerca originale: Nuclear morphology is a deep learning biomarker of cellular senescence

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