Seminare vento per raccogliere tempesta

Nel lontano 1889 un chirurgo inglese dall’occhio di falco notò che le donne malate di tumore al seno sviluppavano metastasi sempre nei soliti organi, vale a dire polmoni e fegato. Paget, questo il nome dell’arguto osservatore, ipotizzò l’esistenza di un sistema “seme-terreno” (ipotesi seed and soil): possibile che i tumori spargessero “semi” per preparare certi organi ad essere “terreno” per le metastasi?

Oggi sappiamo che in effetti i tumori spediscono segnali in giro per il corpo che potrebbero funzionare come i “semi” di cui parlava Paget. Le cellule tumorali infatti sputano intorno a loro una marea di piccolissime bolle lipidiche (le vescicole extracellulari) ripiene di RNA e proteine. 

Gli Scienziatimatti di oggi si sono cimentati in un’opera mastodontica: hanno deciso di scoprire se le bolle lipidiche potessero davvero preparare il terreno per piantare metastasi!

Con tecniche di ingegneria genetica hanno eliminato due proteine, RalA e RalB, da cellule di tumore al seno. RalA e RalB, oltre a tanti altri compiti, sono incaricate di produrre le vescicole extracellulari, quindi nelle cellule private delle due proteine il numero di bolle lipidiche cala drasticamente. 

Le piccole bolle che vediamo all’interno della grande vescicola sono le vescicole extracellulari che la cellula si sta preparando a buttare fuori. Gli Scienziatimatti le hanno fotografate col microscopio elettronico ed hanno contato quante vescicole venivano buttate fuori (secrete) dalle cellule con o senza RalA e RalB (immagini tratte da Ghoroghi et al. 2021).

Una volta impiantate nei topi, le cellule senza RalA davano origine a tumori più grossi, mentre eliminando RalB i tumori restavano più piccoli. Invece, in entrambi i casi, il numero di metastasi a polmoni e fegato diminuiva drasticamente!

Nei topi in cui erano state impiantate cellule senza RalA o RalB (shRalA, shRalB), sono state trovate pochissime metastasi nei polmoni (le aree rosa scuro sono metastasi). I ricercatori hanno contato quante metastasi trovavano osservando la stessa area nelle condizioni diverse. Vediamo il risultato di questa analisi nel grafico a sinistra (da Ghoroghi et al. 2021).

Le differenze sulla crescita dei tumori primari erano però una complicazione che non permetteva ai ricercatori di capire il ruolo delle vescicole extracellulari. 

Gli Scienziatimatti hanno allora fatto crescere in provetta tantissime cellule tumorali con o senza RalA e RalB per poter raccogliere le vescicole extracellulari da iniettare nel sangue dei topi. 

Delle cellule tumorali non modificate inoculate nei topi andavano a formare metastasi nei polmoni, ma ciò non succedeva nei topi che avevano ricevuto vescicole extracellulari prodotte da cellule senza RalA o RalB!!

Gli Scienziatimatti hanno iniettato le vescicole extracellulari nei topi. Hanno poi inoculato delle cellule tumorali luminose (come le lucciole!) ed hanno seguito nel tempo l’evoluzione delle metastasi ai polmoni grazie ad una fotocamera molto sensibile che fotografa la luce emessa dalle cellule tumorali. In alcuni topi è stato iniettato solo PBS (acqua e sale) per misurare il “rumore di fondo” della fotocamera in assenza di metastasi (da Ghoroghi et al. 2021).

Le vescicole prodotte da cellule tumorali senza RalA e RalB dovevano quindi essere in qualche modo diverse!

Affinché una cellula tumorale in circolo colonizzi un organo, bisogna che essa:

1 – esca dai vasi sanguigni;

2 – sopravviva nel tessuto (il terreno) nuovo.

Si sa che le vescicole extracellulari fanno “rilassare” le cellule che formano le pareti dei vasi sanguigni rendendole così più facili da attraversare, più permeabili. 

I ricercatori hanno effettivamente visto che le vescicole aumentavano la permeabilità dei vasi sanguigni e questo non succedeva con vescicole prodotte da cellule senza RalA o RalB.

Se però tutti i vasi sanguigni del corpo si “aprivano”, perché le cellule tumorali uscivano solo nei polmoni? 

I ricercatori hanno allora confrontato il contenuto delle vescicole prodotte da cellule tumorali classiche con quello delle vescicole prodotte da cellule senza RalA o RalB ed hanno scoperto che le vescicole classiche avevano CD146, un recettore che si attacca solo ai vasi sanguigni dei polmoni. Bloccando CD146 si bloccavano anche le metastasi ai polmoni!

Un applauso agli Scienziatimatti che, seppure in un modello di topo, hanno dimostrato che le vescicole extracellulari possono funzionare da semi che preparano il terreno alle metastasi. Adesso la caccia alle vescicole extracellulari può cominciare!

Il modello che riassume in un’immagine la scoperta dei ricercatori (da Ghoroghi et al. 2021).

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Qui il link alla ricerca originale: https://elifesciences.org/articles/61539#content

10 pensieri su “Seminare vento per raccogliere tempesta

    1. Purtroppo si può dire che quasi ogni tumore faccia storia a sé, quindi CD146 non è la cura universale contro le metastasi ai polmoni. In questo modello di tumore metastatico nei topi funziona, ma si tratta di un modello con cellule ultracaratterizzate in laboratorio che non hanno lo stesso grado di variabilità dei tumori che si sviluppano naturalmente.

      In ogni caso anche la medicina avanza a velocità straordinaria, quindi si potrebbe immaginare in un futuro speriamo non troppo lontano di prendere le vescicole extracellulari dal sangue di persone con un tumore che non ha ancora metastatizzato, identificare potenziali proteine “seme”, e dare una cura su misura per prevenire le metastasi. Ci arriveremo!!

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    1. Con un trucco che in laboratorio è molto più facile da usare che nella vita vera, ma che piano piano, grazie alla ricerca sui tumori, sta arrivando anche nella pratica clinica: gli anticorpi bloccanti 🙂

      In pratica si fanno produrre al sistema immunitario una marea di anticorpi contro una proteina estranea e poi si seleziona quell’anticorpo che per caso si lega alla proteina proprio nel suo punto critico, impredendole così di svolgere la sua funzione.

      Visto che per fortuna il nostro sistema immunitario in genere non attacca le nostre proteine, per produrre anticorpi contro proteine umane bisogna ricorrere ai sistemi immunitari degli animali (topo e coniglio sono sempre stati diffusissimi, ma anche ratti, polli, capre, lama, alpaca, …). Adesso si può addirittura ridurre al minimo la sofferenza animale e produrre gli anticorpi desiderati totalmente in vitro con tecniche come il phage display (Nobel 2018 per la chimica).

      Adesso ci sono un sacco di gruppi che cercano di incollare dei farmaci antitumorali ad anticorpi bloccanti diretti contro proteine che si trovano sui tumori. L’idea sarebbe che l’anticorpo, poiché si lega solo alle cellule tumorali, fa arrivare il farmaco solo lì minimizzando quindi gli effetti collaterali. Per di più, è un po’ come usare due farmaci in contemporanea per attaccare il tumore su più fronti: l’anticorpo blocca la funzione di una proteina necessaria per il tumore ed il farmaco attacca la cellula tumorale bloccando un altro meccanismo che contribuisce a far crescere il cancro.

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