Gli scienziati, si sa, hanno bisogno di un sacco di strumenti costosi e macchinari complessi per i loro esperimenti, il tutto in laboratori futuristici con fumo che esce da ogni dove…
… O almeno questo è quello che abbiamo imparato guardando il Laboratorio di Dexter, CSI, e tutte le nostre serie preferite!
Ma se invece la scienza fosse molto più semplice?

E se bambini dagli 8 anni in su potessero costruire veri macchinari scientifici e, restando a casa, potessero diventare non semplici scienziati, ma addirittura meccanobiologi??
Le cellule sono in grado di leggere le caratteristiche fisiche dell’ambiente che le circonda ed i meccanobiologi studiano proprio questo.
I meccanobiologi cercano di cambiare caratteristiche fisiche dell’ambiente delle cellule per riprodurre in laboratorio quello che succede agli organi ed ai tessuti del nostro corpo. Per esempio, ogni volta che un nostro muscolo si contrae (quando facciamo sport, o anche semplicemente ad ogni battito del cuore), le cellule del muscolo e le cellule circostanti sono stiracchiate.

Per stirare le cellule occorrono macchine super-costose (50mila €!!!) e super-complesse.
Gli ScienziatiMatti di oggi si sono detti che potevano inventare qualcosa di più economico e semplice ed hanno costruito una macchina capace di stirare le cellule usando solo mattoncini LEGOⓇ technic!
La costruzione è molto semplice: si tratta di un braccio motorizzato collegato ad una superficie fatta con una sostanza simile al silicone, dove si possono mettere a crescere le cellule. Il tutto al modico prezzo di circa 200 €, con un risparmio di 49.800 €!!!

Macchina LEGOⓇ allunga-cellule! Notare l’operatore sul motore 😉
(Da Boulter et al. 2020).
Ma funziona davvero??
Per testare la loro invenzione, gli ScienziatiMatti hanno verificato che le cellule allungate col metodo LEGOⓇ si comportassero come le cellule allungate con macchinari più costosi:
1 – Non appena si provano a stirare le cellule, la proteina YAP, molto famosa tra i meccanobiologi, entra dentro il nucleo delle cellule.

Gli ScienziatiMatti hanno colorato YAP nelle cellule e si vede bene che le cellule allungate hanno i nuclei più intensamente colorati del controllo. La linea bianca è lunga 50 µm (da Boulter et al. 2020).
2 – Quando le cellule si allungano, una proteina chiamata RhoA si attiva. Per misurare questo fenomeno non basta usare il microscopio, ma bisogna prendere molte cellule, aprirle, e misurare quanta proteina attiva hanno al loro interno. La macchina LEGO, a differenza delle altre macchine, ci permette di allungare abbastanza cellule per fare anche questo test!

Gli ScienziatiMatti hanno stirato molte cellule, poi le hanno aperte e con una tecnica chiamata western-blot hanno misurato la quantità di RhoA attiva rispetto alla quantità di RhoA totale. Più proteina c’è e più si ottengono bande scure (immagine in alto). La banda di RhoA attivo dopo 5 minuti di stiramento è più scura della banda ottenuta da cellule non stirate (0 minuti) e lo possiamo vedere bene nel grafico sotto l’immagine. Ogni puntino rosso rappresenta un esperimento. Il numero scritto sopra il grafico è il p value. Più il p value è basso, più sicuri siamo che la differenza tra i dati sia significativa (da Boulter et al. 2020).
3 – Dopo qualche ora di stretching, le cellule si riorientano nella direzione in cui vengono stirate.

A differenza delle immagini precedenti, qui i ricercatori hanno lasciato le cellule “in allungamento” per 6 ore. Le cellule si sono così riposizionate nel senso dell’allungamento da Boulter et al. 2020).
4 – Infine, non ci sono solo cellule nel corpo, ma anche matrice extracellulare, cioè tutte quelle fibre che tengono letteralmente insieme i nostri organi. Tante sostanze si possono legare a queste fibre per essere rilasciate nel momento in cui le fibre vengono stirate. Una di queste sostanze si chiama TGFβ ed i ricercatori hanno visto che stirando un pezzo di matrice extracellulare con i loro giocattoli LEGOⓇ potevano liberare il TGFβ intrappolato tra le fibre!

Il Tgfβ intrappolato nelle fibre di matrice extracellulare (a sinistra) viene liberato quando le fibre si stirano (a destra). I ricercatori adesso non devono fare altro che buttare un po’ di acqua o simili sulle fibre per recuperare il Tgfβ libero. Nel grafico a destra vediamo il risultato di 6 esperimenti, ognino rappresentato da un puntino grigio. il p value è molto basso, segno che l’effetto osservato è statisticamente valido (da Boulter et al 2020).
Gli ScienziatiMatti di oggi ci dimostrano ancora una volta che il gioco e la fantasia sono la base della buona scienza.
Usiamo questi giorni di isolamento per scoprire il valore del gioco, così quando torneremo a rimirar le stelle saremo tutti un po’ più scienziati!
Qui il link alla ricerca originale: https://doi.org/10.1242/jcs.234666
Oh no! L’articolo è a pagamento! Ricordiamo che siamo contrarissimi all’uso di sci-hub per leggere liberamente le ricerche 🙂
Qui la lista dei pezzi LEGO da comprare per chi volesse cimentarsi nell’impresa: http://jcs.biologists.org/lookup/doi/10.1242/jcs.234666.supplemental
Domanda da analfabeta in materia: che cosa comporta il fatto che il TGFβ sia libero invece che intrappolato tra le fibre? E che cosa ci si fa dopo averlo recuperato?
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Ad ogni articolo c’è almeno un punto sul quale ci fermiamo a riflettere se sia meglio espandere ed ampliare la storia o se invece lasciare la possibilità di domandare, col rischio che alcune cose restino non dette. Grazie perché ad ogni articolo riesci ad individuare il punto che avevamo considerato più problematico e ci dai modo di spiegarlo!!
In effetti l’abbiamo fatta molto semplice: il TGFβ è tenuto immobilizzato sulla matrice extracellulare tramite un’altra proteina. In questa situazione, TGFβ è biologicamente inattivo. Quando però si esercita una forza sulle fibre, TGFβ viene liberato e quindi attivato. Solo il TGFβ libero può scatenare una risposta nelle cellule e la risposta consiste per esempio nel dirigere la migrazione delle cellule che stanno andando a riparare una ferita.
Per migrare, le cellule si attaccano alle fibre della matrice extracellulare e le usano a mo’ di corde per tirarsi avanti. La forza applicata sulle fibre dalle cellule che si spostano provoca un ulteriore rilascio di TGFβ che aumenta ancora di più la migrazione.
Il TGFβ è forse la proteina più studiata, ma ci sono tantissime proteine che si legano alla matrice extracellulare e che potrebbero avere funzioni molto simili (noi in lab studiamo l’EGF per esempio).
Intorno ai tumori c’è molta più matrice cellulare del normale ed attaccate alla matrice ci sono un sacco di proteine in più rispetto ai tessuti sani. Probabilmente tutte queste proteine che possono essere liberate dalle fibre extracellulari hanno un ruolo importante nella diffusione delle metastasi, ma qui si entra in un campo di ricerca molto nuovo ed ancora piuttosto sconosciuto.
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Probabilmente tutte queste proteine che possono essere liberate dalle fibre extracellulari hanno un ruolo importante nella diffusione delle metastasi
Quindi in questo caso, contrariamente alla situazione che hai esemplificato prima (andare a riparare una ferita), la liberazione delle proteine avrebbe effetti decisamente negativi, giusto? E per contrastare l’evento quale potrebbe essere la strada da percorrere? Comprimere (si può dire?) la cellula in modo da evitare che le proteine possano liberarsi? Lasciarle liberare e poi inattivarle o portarle via – ammesso che esista qualcosa del genere -?
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Il problema è proprio che lo stesso meccanismo che serve per riparare le ferite aiuta anche le metastasi. Ogni terapia che punti a colpire questo meccanismo per bloccare le metastasi avrà quindi degli effetti collaterali.
Detto questo, nella cura dei tumori è difficilissimo intervenire sulle fibre estracellulari perché è materiale super stabile che una volta depositato può restare lì per decenni. Ci sono alcuni farmaci che cercano di ridurre la rigidità delle fibre, e se le fibre sono meno rigide la forza si trasmette meno e si liberano meno proteine. Questi farmaci sono stati in alcuni casi dei flop enormi (inibitori delle metalloproteasi) ed in altri casi (inibitori LOX) non si sa ancora che risultati daranno.
Per adesso ci si è concentrati di più su quello che succede dentro la cellula una volta che trova le proteine libere. Ci sono molti farmaci che bloccano i segnali che si sviluppano a quel punto, ma questi segnali non sono specifici dei tumori e quindi bloccarli provoca un sacco di effetti collaterali. In più, bloccare un solo segnale non basta perché spesso più segnali diversi sono ridondanti nella loro funzione.
Per la compressione (bravissima! Ti possiamo chiedere qual è il tuo background?) ci sono opinioni discordanti. Il prossimo progetto che spero di pubblicare a breve (adesso in lab siamo in “pausa coronavirus”) riguarda proprio l’effetto della compressione sulle cellule e, spoiler alert, i tumori hanno trovato il modo di usare anche la compressione a loro vantaggio, purtroppo.
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Il mio background è piuttosto lontano: liceo classico e laurea in lettere. E’ vero che dopo la laurea mi ero iscritta a medicina, ma lavorando ed essendo lontanissima dalla sede, dopo sei esami sono stata costretta a fermarmi.
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È la capacità di ragionamento che conta, non tanto le conoscenze. Proprio per questo motivo il mio sogno sarebbe di avere un laboratorio interdisciplinare con persone dai background profondamente diversi. Credo che da un’esperienza del genere verrebbero fuori ricerche totalmente nuove ed inaspettate.
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E grazie per le pazienti e chiarissime risposte.
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