Uno degli organi più complessi del nostro corpo è senza dubbio il cervello. È un supercomputer senza eguali, in grado di immagazzinare quantità enormi di dati e richiamarli a piacimento. Memorizza qualsiasi genere di informazioni, dalle immagini alle emozioni, anche se non sappiamo come fa. Insomma, è un capolavoro tecnico-informatico!
Purtroppo con l’età il rischio di malattie neurodegenerative aumenta e la memoria peggiora sempre di più. Per di più sappiamo che in genere i danni al cervello sono permanenti. Infatti, mentre quasi tutti gli altri organi possono auto-ripararsi producendo cellule nuove in risposta ad un danno, nel cervello questa capacità è praticamente assente.
Capire come mai le cellule nervose hanno bloccato la loro capacità di riprodursi in risposta ai danni potrebbe essere un’arma contro le malattie neurodegenerative.
Gli Scienziatimatti di oggi hanno perciò deciso di studiare un tipo quasi sconosciuto di cellule del cervello, le cellule progenitori degli oligodendrocitici, o più semplicemente, le OPC (dall’inglese “oligodendrocyte progenitor cells”), che, sembra, possono dividersi anche nei cervelli adulti.
Ed in effetti le OPC nel cervello di ratti giovani si riproducevano (proliferavano). Le stesse cellule però non si dividevano più una volta che i ratti invecchiavano.
Sbalorditivamente, se le OPC venivano prese dal cervello di un ratto anziano e trapiantate dentro il cervello di un ratto giovane, allora ricominciavano a proliferare!

Queste sono foto di pezzetti di cervello di ratto fatte 14 giorni dopo il trapianto di cellule. Per riconoscerle, le cellule trapiantate sono marcate in verde (grazie alla proteina GFP). In rosso c’è OLIG2, una proteina che esiste solo sulle OPC. Infine, EdU (in grigio, indicato da freccette blu per facilitarci l’osservazione) ci dice quali cellule si stanno dividendo. A sinistra abbiamo le OPC di ratti giovani (nOPC – Neonatal OPC) trapiantate in altri cervelli giovani (nCNS) ed a destra ci sono cellule di ratti anziani (aOPC) trapiantate in cervelli giovani (nCNS). Le cellule in proliferazione (colorate con EdU) sono state contate ed il risultato è il grafico che vediamo nell’immagine. Dopo il trapianto in cervelli giovani, le cellule giovani e le cellule anziane proliferano in ugual misura. La barra bianca è lunga 50 µm (da Segel et al. 2019).
Quindi ci deve essere qualcosa nel ratto anziano che impedisce alle OPC di riprodursi.
Una differenza tra cervelli giovani e cervelli anziani è la consistenza dell’organo: più si invecchia e più il cervello si irrigidisce. Che la rigidità sia la causa della mancata proliferazione?
Le OPC estratte da un cervello anziano sono state messe su una superficie soffice e… Bingo! Le OPC anziane ricominciavano a comportarsi come le OPC giovani. Viceversa, se le OPC giovani venivano messe su una superficie rigida, queste invecchiavano di colpo e smettevano di proliferare.

I ricercatori hanno estratto OPC da cervelli anziani (aOPC, riga in alto) o da cervelli giovani (nOPC, riga in basso), poi le hanno messe su una superficie rigida (stiff, a sinistra) o su una superficie soffice (soft, a destra). Sox10, una proteina che hanno soltanto le OPC è stata colorata in rosso. Tra le OPC, quelle che si stanno dividendo sono colorate in verde (EdU). Vediamo che sia le OPC anziane che quelle giovani si dividono di più quando sono su superfici morbide (nella colonna di destra ci sono più cellule verdi). La linea bianca stavolta indica 40 µm (da Segel et al. 2019).
Tutto questo è affascinante, ma si può far tornare soffice un cervello anziano? Purtroppo una volta che un organo è diventato rigido è molto difficile tornare indietro.
Se vogliamo intervenire sulle OPC allora dobbiamo capire più di preciso cosa succede alle cellule quando il cervello si indurisce.

A sinistra vediamo PIEZO1 (celeste) chiuso che non lascia passare lo ione Calcio ( Ca²+) dentro la cellula. A destra invece PIEZO1 è aperto e lo ione calcio entra nella cellula attraversando i fosfolipidi della membrana plasmatica.
I nostri scienziati si sono così imbattuti in PIEZO1, una proteina che si attiva su superfici rigide. PIEZO1 è un canale transmembrana, ovvero una proteina che attraversa la membrana plasmatica da un lato all’altro e che quando si attiva si apre e fa entrare nella cellula un segnale molto usato dai neuroni, lo ione Ca²+ (Calcio), bloccando così la proliferazione. I ricercatori hanno visto che man mano che le OPC invecchiavano, PIEZO1 aumentava e, come se non bastasse, restava aperto più a lungo nei cervelli anziani per via dell’ambiente più rigido.
Eliminando PIEZO1 dalle OPC di ratti anziani con mirabolanti tecniche di ingegneria genetica, le OPC dentro i cervelli anziani ricominciavano a dividersi in risposta ad un danno neurodegenerativo!

Grazie ad un virus modificato geneticamente (Adeno Associated Virus, AAV), gli Scienziatimatti hanno tolto PIEZO1 dalle OPC (AAV Piezo1 KD, dal nome della tecnica “KnockDown”). Come controllo sono stati usati dei virus modificati geneticamente, ma inefficaci nei confronti di PIEZO1 (AAV NT).
I ricercatori hanno poi generato un danno nel cervello di ratti anziani che ha causato la perdita della mielina (come succede nella sclerosi multipla) e, come possiamo vedere dalle immagini, i topi anziani da cui è stato eliminato PIEZO1 sono stati in grado di riparare parzialmente il danno producendo nuova mielina (in rosso) nella zona danneggiata (indicata da una linea bianca). La scala di riferimento indica 100 µm (da Segel et al. 2019).
A volte la scienza vera è addirittura più incredibile di quella che vediamo nei film! Grazie agli Scienziatimatti di oggi, siamo un passo più vicini alla cura delle malattie neurodegenerative!
Qui il link alla ricerca originale: https://doi.org/10.1038/s41586-019-1484-9
Ops, l’articolo è a pagamento! Ricordiamo ai nostri lettori di non usare sci-hub per accedere all’articolo! Molto meglio pagare di nuovo per leggere un lavoro che è stato portato avanti grazie anche ai soldi delle nostre tasse 😉
Molto bello! Temo solo che i risultati pratici arriveranno troppo tardi per il mio cervello 😦
"Mi piace""Mi piace"
Questa è quella che viene chiamata ricerca di base o fondamentale. Purtroppo, prima che queste conoscenze si traducano in risultati clinici passeranno molti anni. Ma almeno sappiamo che le cose non stanno ferme: ditre le quinte ci sono un sacco di persone che si spendono affinché un giorno i risultati arrivino.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie. Il mio cervello ormai deve essere duro come il cemento, ma quello che scrivete mi dà speranza per i posteri 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona