
Il lichene, l’antenato di Indiana Jones, pioniere dell’esplorazione dei continenti
Correva l’anno 480 milioni Avanti Cristo. Tutte le forme di vita erano nei mari che erano ormai troppo affollati. Certo, c’erano un sacco di terre emerse che aspettavano solo di essere colonizzate, ma nessuno aveva la tecnologia necessaria per compiere questo passo. Finalmente un fungo ed un’alga presero l’iniziativa: mettendo in comune ognuno i propri talenti, sarebbero usciti dall’acqua. L’unione alga-fungo ebbe così tanto successo che i due organismi si fusero in un solo nuovo organismo esploratore, il lichene.
Accordi mutualmente vantaggiosi come quello tra l’alga ed il fungo sono talmente importanti da essersi guadagnati un nome nella biologia: simbiosi.
Sappiamo che l’evoluzione procede per selezione naturale tramite la sopravvivenza del più adatto, il ché implica la necessità di competere e di combattere. In realtà c’è un’altra forza che promuove l’evoluzione della vita ed è la cooperazione, l’unione di due “culture” diverse.
Lynn Margulis
la vita non ha conquistato la terra combattendo, ma cooperando
Lynn Margulis (speriamo un giorno di poter parlare di lei in maniera più approfondita) ha proposto la teoria endosimbiontica secondo cui le cellule che compongono i nostri corpi si sono evolute dalla fusione di più microorganismi. Gli organelli nelle nostre cellule erano in origine organismi a sé stanti che sono stati endocitati (abbiamo parlato qui dell’endocitosi) per essere protetti dall’ambiente esterno ed in cambio hanno offerto le loro competenze alla cellula più grande che li ha mangiati. Per esempio i mitocondri, le centrali elettriche della cellula, erano in origine batteri capaci di usare l’ossigeno per produrre energia, un enorme vantaggio 2 miliardi di anni fa quando l’atmosfera terrestre ha cominciato ad arricchirsi di questo gas. A riprova di questa teoria, nei mitocondri c’è ancora del DNA diverso da quello contenuto nel nucleo della cellula e che sembra provenire da antichi batteri.
Insomma, la simbiosi, sebbene meno famosa, è importante almeno quanto la selezione naturale per capire l’evoluzione della vita e gli Scienziatimatti di oggi hanno scoperto qualcosa proprio su questo motore evolutivo!
Osservando l’alga Nannochloropsis oceanica ed il fungo Mortierella elongata, due organismi capaci individualmente di produrre olio (o più propriamente, acidi grassi poli-insaturi, importanti per ricavare biodiesel, per esempio), hanno visto che se l’alga ed il fungo venivano fatti crescere insieme nella stessa provetta, questi miglioravano nella produzione di olio. Che si trattasse proprio di simbiosi?
Effettivamente i funghi davano azoto alle alghe, le quali in cambio rifornivano di carbonio i loro partner. E quando i vantaggi in una relazione sono reciproci non ci sono dubbi: siamo di fronte ad una simbiosi!
La simbiosi può aiutare a sopravvivere in condizioni avverse, così gli scienziatimatti hanno lasciato N. oceanica e Mortierella insieme in una provetta con pochissimo nutrimento, condizione in cui gli organismi da soli sarebbero morti. Dopo più di un mese di stenti, le alghe si riproducevano felici ed i funghi aumentavano di peso grazie alla coabitazione.

Il fungo Mortierella elongata (chiamato AG77) e l’alga N. oceanica (chiamata Noc) sono stati fatti crescere da soli o insieme in una provetta con poco nutrimento. (A) Dal grafico vediamo che il fungo ha preso più peso quando coabitava dell’alga. Gli asterischi indicano che la differenza tra le due linee è riproducibile e solida. (B) I ricercatori hanno usato un colorante fluorescente verde (SYTOX) per marcare le alghe morte. Ogni punto verde corrisponde ad un’alga morta e vediamo che ci sono molti più punti verdi quando l’alga è da sola. Il marcatore fluorescente rosso (Cloroplasti) è un indicatore dello stato di salute delle alghe (più ce n’è, meglio è). Infine, con la luce trasmessa (cioè una luce bianca che attraversa la provetta), possiamo vedere le alghe da sole o con le ife del fungo. (Du et al. 2019)

Varie immagini dell’alga all’interno delle ife del fungo osservate al microscopio. L’alga è verde perché contiene clorofilla. (Du et al. 2019)
Ma la vera sorpresa è arrivata una volta al microscopio: le alghe crescevano all’interno dei funghi! È la prima volta che si osserva in laboratorio una simbiosi di questo tipo!
N. oceanica e M. elongata restano per ora due organismi indipendenti, ma chissà che questo non sia il primo passo verso la nascita di un nuovo microorganismo endosimbiontico!
Qui il link alla ricerca originale: https://elifesciences.org/articles/47815
Ma la simbiosi e la selezione non sono due cose diverse: non è che qualunque combinazione di organismi diversi possa funzionare. Noi conosciamo per esempio attinia e paguro perché ha funzionato, cioè questa simbiosi ha superato la selezione naturale ed è arrivata fino a noi, così come fra tutte le anomalie cromosomiche possibili tutti conosciamo la trisomia 21 o la sindrome di Turner perché sono fra le pochissime compatibili con la sopravvivenza, mentre solo gli addetti ai lavori conoscono tutte le altre – o molte delle altre – causa di aborti precoci o precocissimi. E sicuramente neanche gli addetti ai lavori conosceranno tutti gli organismi che si sono trovati a combinarsi con altri nel corso dei milioni di anni trascorsi dalla comparsa de vita sulla terra, e la cui combinazione non ha dato luogo a niente. Quindi cooperazione sì, ma solo quando dà luogo a una combinazione tale da poter superare la prova della selezione naturale. E’ la stessa regola per cui se mi metto in casa un cane sono più sicura, se ci metto un boa forse non tanto.
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Lynn Margulis era stata definita la scienziata ribelle perché andava sempre contro alle idee che dominavano il panorama scientifico, quindi a volte le sue dichiarazioni suonano un po’ estremiste.
Quello che dici è una critica che è stata sollevata più volte a Margulis: la simbiosi è comunque soggetta alla selezione naturale, quindi il motore ultimo è la selezione naturale.
Come giustamente fai notare, non tutti gli accoppiamenti funzionano. Nell’articolo di cui abbiamo parlato sono state usate 10 diverse specie di alghe e solo una ha stabilito la simbiosi col fungo.
Ma il neodarwinismo come teoria evolutiva si basa su due elementi principali:
1- variazioni nel DNA date da mutazioni casuali (il “carburante”);
2- selezione delle mutazioni vantaggiose per l’ambiente in cui si vive (il “motore”).
Margulis criticava il punto 1 ed era dell’idea che l’accumulaziome di mutazioni casuali non fosse un meccanismo sufficiente per spiegare le variazioni ereditarie che osserviamo. In alternativa proponeva che gli organismi acquisissero nuovo DNA tramite scambi con organismi simbionti (trasferimento orizzontale di DNA), quindi la simbiosi per lei non era solo un modo di ottenere nuove specie, ma era la fonte principale di variabilità genetica, ovvero il carburante dell’evoluzione.
I dati ci dicono che mutazioni casuali e trasferimento orizzontale di DNA esistono entrambi. Poi se ci sia un meccanismo più importante dell’altro ai fini dell’evoluzione è difficile da determinare sperimentalmente.
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Grazie per la dettagliata ed esauriente risposta. L’idea del trasferimento orizzontale mi sembra straordinariamente affascinante, oltre che logica (il trasferimento verticale non spiega tutto, quindi è ragionevole ipotizzare altre modalità di trasferimento); tu però parli anche di dati: se hai tempo e voglia, mi potresti spiegare in che modo, concretamente, sia dimostrato il trasferimento orizzontale? (certo che poche scienze sono affascinanti come la genetica)
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Mamma mia, è vero che la genetica è talmente bella ed inaspettata da sembrare quasi fantascienza!
Nei procarioti ci sono i plasmidi, pezzi circolari di DNA che possono essere passati da un batterio all’altro tramite dei ponti (pili) che si formano in determinate circostanze e connettono fisicamente due batteri. Questo è il meccanismo alla base dello sviluppo di antibioticoresistenze.
Negli eucarioti il trasferimento orizzontale è ben documentato nelle piante, dove il DNA dei cloroplasti ogni tanto si integra in quello del nucleo della cellula.
Ma ci sono esempi anche negli animali. Un meccanismo di trasferimento orizzontale di DNA è conosciuto da tanto tempo ma solo da pochi anni si è iniziato a ragionare dell’impatto di questo meccanismo sull’evoluzione: i virus. Forse non sono proprio viventi, ma in ogni caso sono strumenti che trasportano DNA e che hanno la capacità di integrare il DNA nel genoma delle cellule che infettano. In questo modo il DNA virale entra a far parte a tutti gli effetti del DNA che passerà alle cellule figlie. Nel genoma umano ci sono un sacco di sequenze riconosciute di origine virale che probabilmente hanno un ruolo nella nostra evoluzione.
E giusto un ultimo esempio di una cosa che mi piace un sacco e che è l’ultima moda nella biologia cellulare: le vescicole extracellulari o esosomi.
Da pochissimo si è scoperto che (probabilmente) tutte le cellule del nostro corpo sono capaci di produrre vescicole riempite di proteine, RNA, o DNA. E queste vescicole possono essere endocitate da altre cellule che acquistano così DNA proveniente da un’altra cellula. Nel campo dei tumori gli esosomi modificano le cellule tumorali e le cellule intorno al tumore in favore del tumore. C’è anche l’idea che gli esosomi, visto che possono spargersi in tutto il corpo, possano servire a preparare tessuti lontani dal tumore ad accogliere metastasi (ipotesi seed and soil). Un lab che seguo e che fa ricerche proprio sugli esosomi, con annesse immagini da paura, è il lab di Jacky Goetz a Strasburgo.
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No, al contrario, la genetica mi affascina perché è come un’equazione a sei miliardi di incognite e a ogni nuova scoperta, a ogni nuova intuizione che trova poi conferma nelle verifiche, c’è una nuova lettera che acquista il suo valore e si va a sistemare in quell’immenso mosaico che naturalmente non arriveremo mai a completare (e se mai ci arrivassimo, cos’altro ci staremmo ancora a fare al mondo?) ma il cui disegno diventa sempre più preciso e comprensibile. Tutto congegnato secondo una logica ferrea. Matematica, appunto. Salvo le mutazioni genetiche, quei piccolissimi ma implacabili errori che le impediscono di essere fredda e astratta.
Grazie per le spiegazioni, che sei riuscito a rendere sostanzialmente comprensibili, nonostante il mio modesto bagaglio scientifico.
A proposito di scientificità, c’è il mio fisioterapista, bravissimo, intendiamoci, come fisioterapista, che è sconvolto angosciato disperato perché il candidato sindaco alle prossime comunali è un medico che si è dichiarato favorevole al mantenimento dell’obbligo vaccinale. La cosa preoccupante è che questi discorsi li fa di sicuro anche ad altri con le idee meno chiare di me e per le quali, nella sua veste di operatore sanitario, anche se lontanissimo da competenze specifiche in campo immunologico ed epidemiologico, rappresenta sostanzialmente “uno del mestiere”.
E a proposito invece di tumori, visto questo https://www.jforum.fr/cancer-de-la-peau-un-vaccin-decouvert-en-israel.html?
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Penso che il discorso vaccini sia ormai sfuggito di mano e le posizioni di molti sul tema rispecchiano più le idee politiche che non la scienza.
In questa situazione, ci siamo detti, i ricercatori hanno una colpa che è quella di aver perso la fiducia della gente. Ecco perché abbiamo cominciato questo blog nella speranza di dimostrare che effettivamente i ricercatori sanno il fatto loro.
E la ricerca sembra interessante. Anche se mi sento di sollevare un paio di critiche all’articolo divulgativo: i giornalisti sembrano sempre alla ricerca dello scoop. La ricerca è interessante e promettente, ma non siamo così vicini ad un’applicazione sull’uomo come si è portati a credere già dal titolo. Il problema è che leggendo notizie del genere, persone magari disperate per la malattia chiamano il lab chiedendo di ricevere la “cura” (mi è successo veramente!). E a quel punto bisogna rimediare al pastrocchio giornalistico spiegando che in realtà la ricerca è preliminare, che prima di iniziare un trial clinico servirà ancora del tempo, ecc ecc. Tutto ciò renderà la persona che ha chiamato ostile al ricercatore con conseguente perdita di fiducia nella scienza e vedi sopra.
Seconda cosa: non c’è nessun link alla ricerca originale e soltanto il professore è citato, mentre i primi autori, quelli che hanno fatto il lavoro, non compaiono nemmeno, il ché denota un atteggiamento poco professionale del giornalista. Il professore in genere è più anziano mentre i primi autori sono giovani ricercatori e molto spesso ci si dimentica dei giovani, in Francia come in Italia.
Nota positiva: tra i due primi autori c’è una ragazza italiana di Padova!
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Sì, il titolo annuncia un vaccino già disponibile, mentre l’articolo cambia subito tono chiedendosi se un vaccino sarà presto a portata di mano, pur continuando a usare qua e là espressioni ambigue. I titoli sono fatti apposta per attirare: l’estate più calda degli ultimi novantasettemila anni, la peggiore tempesta di neve dal paleolitico, la donna più bella del mondo che poi la guardi e trovi, con la massima oggettività, che tua moglie è decisamente meglio. Infatti l’ho messo qui ma non l’ho mandato alla mia ML perché sicuramente non tutti sarebbero stati in grado di cogliere quello che hai colto tu, e avrei rischiato di favorire illusioni non destinate a realizzarsi nell’immediato, e probabilmente neanche in tempi troppo brevi.
La cosa dei vaccini va assumendo toni e “argomenti” sempre più deliranti, che a me fanno sinceramente paura. E non credo sia risolvibile col mantra del “bisogna fare informazione”: quando ero bambina c’era solo l’antivaiolosa e i miei genitori, rispettivamente quinta e terza elementare, non hanno avuto il minimo dubbio su cosa fare, nonostante fosse a pagamento e noi fossimo poverissimi; qui c’è gente laureata, magari anche in facoltà scientifiche, che se dici che non sono pericolosi reagisce come se stessi tentando di convincerli che babbo natale esiste davvero. D’altra parte in un mondo in cui si cono medici “specializzati” in omeopatia, c’è ben poco da essere ottimisti.
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Grazie, articolo e commenti interessantissimi. Non riesco a entrare nella discussione, ma ogni volta imparo qualcosa
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Sto leggendo “Il virus buono” di Guido Silvestri (straordinario meraviglioso spettacolare), in cui entra in gioco anche la questione del trasferimento di tratti di DNA. Non è molto scientifico quello che sto per dire, ma io veramente mi ci commuovo. Gente che passa mesi o anni a inseguire una singola molecola di un singolo virus, gente che non avrà mai trentamila fans che pagano il biglietto per andarli a sentire, gente di cui il novantanove virgola nove periodico per cento dell’umanità ignorerà per sempre il nome e anche l’esistenza, e quando arrivano a guardarla in faccia, quella molecola, sappiamo perché nella stessa situazione io mi sono ammalata e tu no, e mi regalano una speranza di sopravvivenza in più: c’è romanzo strappalacrime che possa commuovere di più?
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È forse lo stesso motivo per cui la ricerca è una carriera così dura e bella allo stesso tempo. A volte si ha l’impressione di spendere un sacco di tempo su cose che non serviranno mai a niente e, dal momento che di tempo (ed energie) se ne spende veramente tanto, capita che ci si demoralizzi. Meno male che ci sono persone che la pensano come te e che lo dicono! Grazie 🙂
Il progredire della scienza è un lavoro di squadra al quale contribuiamo tutti
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A volte mi capita di comprare cose che mi piacciono, senza avere idea di quale uso potrei farne. Poi dopo una settimana, o un mese o un anno succede che mi ritrovo con una necessità per la quale proprio quella cosa è la soluzione giusta. Magari quella scoperta che hai appena fatto e ti è costata anni di ricerca e di cui non vedi l’utilità, sembra inutile solo perché al momento manca il pezzo di puzzle in cui incastrarsi; poi fra cinque anni qualcuno fa un’altra scoperta, e allora ti accorgi che quello è proprio il pezzo di puzzle in cui si va a incastrare il tuo.
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