Ben ritrovati su Scienziatimatti, pronti per un 2019 ricco di scienza!!
Quanti ricordi ci ha lasciato il 2018? Eeee, domanda più strana, quanti ricordi ci siamo scordati nel 2018?
Pensando all’anno appena trascorso ricorderemo forse i momenti più emozionanti, più tristi, o più felici, insomma, le cose più importanti. Se archiviassimo semplicemente tutto quello che ci capita usando il nostro cervello come un computer qualunque, come potremmo sapere quali cose sono importanti e quali non lo sono? Questo è ciò che si sono chiesti gli scienziati matti di oggi!
La domanda: dimenticare è fondamentale quanto apprendere. Ma come fa il nostro cervello a dimenticare le cose?

Dei topolini sono stati addestrati a nuotare in una vasca verso un’isoletta a pelo d’acqua (quindi nascosta alla vista dei nuotatori). Dopo qualche giorno di addestramento, l’isoletta è stata spostata dalla parte opposta della vasca. Messo il costume da bagno, i topi si dirigono verso l’isola, ma non la trovano. Pensando di averla mancata magari di qualche centimetro, nuotano un po’ intorno alla zona. Quando capiscono che l’isola non c’è più, iniziano a nuotare a caso alla ricerca di un’altra isola. Ma alcuni topi apparentemente normali e perfettamente in grado di imparare dove fosse l’isoletta, non si arrendono e continuano a nuotare nello stesso punto perché troppo convinti di ricordarsi che l’isola era proprio lì. Questi topi non sono testardi; sono incapaci di scordarsi le cose!!
Il meccanismo: grazie all’endocitosi è possibile regolare la plasticità sinaptica. Vediamo insieme cosa vuol dire.

Nel nostro cervello ci sono miliardi di cellule chiamate neuroni che hanno delle braccia lunghissime, i dendriti e gli assoni, con le quali toccano altri neuroni stabilendo così dei contatti detti sinapsi. Su ogni sinapsi ci sono delle porte, dei recettori, che aprendosi fanno entrare il Calcio, un elemento chimico che porta con sé due cariche elettriche positive (Ca2+). La cellula che ha aperto le porte si caricherà generando uno stimolo elettrico.
Le sinapsi che usiamo più spesso sono più efficaci di altre. Per esempio la sinapsi che si accende quando ci chiedono il nostro nome sarà iper-veloce, mentre quella che si accende quando ci chiedono il nome del gatto del nostro vicino di casa sarà un po’ più lenta. Però se i vicini di casa vanno in vacanza e per una settimana dobbiamo occuparci di tale gatto chiamandolo 50 volte al giorno, la sinapsi che ci ricorda il nome del felino diventerà più rapida. Questa capacità si chiama plasticità sinaptica e dipende da quante porte (recettori) ci sono sulla sinapsi.
Abbiamo già visto qui che i recettori possono essere spenti e trasportati dentro la cellula grazie all’endocitosi.
I ricercatori hanno visto proprio questo: i topi che non riuscivano a scordarsi la posizione dell’isola nascosta erano privi di una proteina, la sinaptotagmina 3, che serve per endocitare i recettori delle sinapsi, quindi le loro sinapsi restavano affollate di recettori accesi.
Probabilmente (ma questo è ancora da verificare), meccanismi simili sono alla base dei disturbi post-traumatici da stress dove una persona che ha vissuto un grande shock non riesce a dimenticare la situazione e resta costantemente stressata ed ansiosa.
Ecco come l’endocitosi può controllare la plasticità sinaptica per farci scordare le cose e far funzionare meglio il nostro cervello!
Qui il link alla ricerca originale: http://science.sciencemag.org/content/363/6422/eaav1483